II

"Ricordati di spazzare" disse il padre di Reiter debolmente. Un attacco di tosse scosse il suo corpo fragile. Mise entrambe le mani davanti alla bocca, ma Reiter vide del catarro verde attraversare le dita ossute. "Locanda... pulita..."

"Certo, padre. Finisci la minestra" disse Reiter.

"Non riesco... non mi piace..."

"Bea l'ha fatta apposta per te questa mattina" insistette Reiter, con più pazienza di quanta ne avesse. "Hai bisogno di essere in forze. Mangiala tutta."

Chiuse la porta con decisione e tornò nella sala. Il pasto di mezzogiorno era stato servito da ore e c'erano solo tre ospiti ancora seduti ai tavoli: due commercianti stanchi, che discutevano dei prezzi del vino a Cuor della Marca, e un religioso, che sfogliava lentamente un grosso libro. Reiter andò dietro il bancone. Sua moglie stava affilando uno dei coltelli da cucina.

"Ti dispiacerebbe portare a mio padre un po' di tè?" chiese Reiter. "Non sta affatto bene oggi."

"Ci metto un po' di miele?" gli chiese Bea con uno sguardo compassionevole.

Reiter sospirò. Il miele era diventato parecchio costoso negli ultimi mesi e il mercante di Tristram era in ritardo. Reiter sperava che sarebbe tornato entro la prossima settimana, ma se così non fosse stato, la Locanda dell'Oasi l'avrebbe finito presto.

"Meglio di no." Allo sguardo di disapprovazione della moglie, aggiunse subito: "Se non abbiamo abbastanza miele per i clienti, saranno insoddisfatti e la nostra reputazione potrebbe soffrirne. Mio padre non lo vorrebbe". L'espressione di Bea divenne più cupa. "Sono sicura che ti direbbe di lasciar perdere il miele, se conoscesse la situazione. Questa locanda è tutto per lui. È la sua eredità." Reiter si agitò per un attimo, poi alzò le mani in segno di resa. "Va bene. Daglielo. Ma solo un po'."

Lo sguardo di Bea divenne ancora più acceso; preparò il tè, con una generosa cucchiaiata di miele, e scomparve su per le scale.

Reiter sospirò di nuovo. Aveva ceduto, ma tanto era sicuro che gliel'avrebbe comunque portato più tardi. Sembrava provare piacere nel farlo soffrire senza ragione.

La porta della locanda si aprì. Dei passi riecheggiarono nella sala. Reiter rimase a indugiare con lo sguardo sulle scale per un attimo, poi iniziò il solito discorso di benvenuto. "Benvenuto alla Locanda dell'Oasi, gentiluomo. In cosa posso esservi utile?"

"Gentiluomo? Be', sempre meglio di signora..." disse una voce femminile divertita.

Reiter si voltò. Il nuovo visitatore indossava un'armatura pesante, la stessa armatura pesante che aveva visto forse otto o nove anni prima. Elmo, corazza, scudo, mazzafrusto, surcotto bianco ricamato con un simbolo di Zakarum: era lei. Reiter rimase a bocca aperta.

La crociata? "Io... chiedo scusa, signora" disse senza pensare.

Lei ridacchiò. "Ancora signora... Il mio nome è Anajinn."

"Le mie scuse... Anajinn" si corresse Reiter. Era davvero così che si chiamava? Sembrava diversa da quella che ricordava. Aveva i capelli più leggeri e più lunghi, la mascella più definita, il naso un po' più piccolo. Stranamente, sembrava anche più giovane.

Percepì gli sguardi degli altri ospiti nella sala. Era confortante sapere di non essere il solo intimidito dal suo aspetto. "Avete bisogno di una camera? La vostra apprendista è con voi?" L'apprendista... Il suo stomaco si strinse. Immagini di un tavolo capovolto e di una macchia fastidiosa riemersero nella sua mente, presto travolte da un'ondata di imbarazzo che scacciò rapidamente dalla sua testa.

"Ho bisogno di una camera singola. Non ho ancora trovato un'apprendista" disse. "Vorrei anche rivedere la vostra biblioteca."

Reiter la accompagnò fuori dalla sala, verso la biblioteca. "Certo. Abbiamo la biblioteca più..." S'interruppe corrucciato. Non ha ancora trovato un'apprendista? Anajinn ne aveva una, l'ultima volta. Poi di nuovo, a Reiter sembrò di ricordare l'intera difficile esperienza in modo errato. Respinse il pensiero. "...la biblioteca più fornita del Kehjistan. A parte quella di Caldeum, naturalmente."

Anajinn camminava al suo fianco, con l'armatura che tintinnava a ogni passo. "Sono stata in una trentina di avamposti in questo deserto, e credo che tu e tuo padre abbiate ragione" disse. "Avete di certo la biblioteca più grande che abbia mai visitato al di fuori di una grande città. In realtà, non ne ho mai viste di uguali in un paese come questo."

"È stata un'idea di mio padre" disse Reiter. "Porta di Caldeum è piccola, ma quasi tutte le strade che entrano ed escono da Caldeum lungo il percorso meridionale passano di qui. Questa oasi è l'ultima occasione per avere un po' d'acqua prima di attraversare la parte più pericolosa del deserto. Mio padre notò che c'erano un sacco di accademici, studiosi e pellegrini che non volevano fermarsi nella locanda in fondo alla strada, quindi creò qualcosa che fosse invitante per loro." Uno spreco di tempo e fatica, non aggiunse Reiter. Avrebbero ricevuto molte più monete d'oro servendo vini e alcolici, invece di offrire una stanza silenziosa e tranquilla agli studenti indigenti. "Faceva in modo che i mercanti sapessero che era disposto a comprare tutti i libri che avevano."

"Tuo padre... Sta bene?"

"Sta morendo" rispose Reiter.

Anajinn inclinò la testa, colpita. "C'è qualcosa che posso fare per aiutarti? Posso vederlo?"

"Non è lucido in questi giorni. Non vorrei sconvolgerlo con vecchi ricordi."

Anajinn lo guardò per un attimo. "Come vuoi." La porta della biblioteca era poco più avanti. "Ci sono molti libri nuovi dall'ultima volta che sono venuta?"

"Penso di sì" disse Reiter, che non ne aveva letto nemmeno uno. Le aprì la porta. "Eccoci."

"Grazie" rispose lei.

Quando fece un passo indietro, alcuni capelli gli sfiorarono la mano. Un ciuffo di capelli biondi, notò Reiter. Tutto gli tornò in mente in un istante: la maestra, i capelli castani, il nome.

"Tu... tu non sei Anajinn. Tu sei l'apprendista!"

In cambio ricevette un sorriso ironico. "Non più."

"Ma... l'armatura... E hai detto che ti chiami Anajinn!"

"Quello è il mio nome" disse la donna.

La confusione di Reiter si trasformò in rabbia. Si sentiva come se quella donna stesse prendendosi gioco di lui, un'altra volta. "Quello era il nome della tua maestra!"

"Ed è anche il mio." Sorrise ancora. " È davvero così strano?"

"Tu...!" Reiter abbassò la voce. "Tu parli come se fossi lei" sibilò. "Stavi cercando di ingannarmi? Non mi hai messo abbastanza in imbarazzo l'ultima volta?"

"Non intendevo mancarti di rispetto. Sono una crociata. Sono Anajinn" disse. "Come lo era la mia maestra, e la sua maestra prima di lei."

"Vi chiamate tutte Anajinn?"

"Quando ho preso lo scudo della mia maestra, ho fatto miei il suo nome e la sua causa" disse.

"Hai preso il suo scudo? Perché? Che cosa è successo? La tua maestra è..." Morta? Reiter improvvisamente non volle più saperlo e cambiò in fretta argomento. "Sei ancora alla ricerca di libri sulla città di Ureh?"

"No" rispose la crociata. "Sono alla ricerca di informazioni sulle memorie perdute di Tal Rasha."

"Capisco..." disse Reiter non capendo affatto. "Ti lascio a studiare, allora." Uscì in tutta fretta e tornò nella sala.

Bea lo stava aspettando. "Un nuovo ospite?" Reiter annuì bruscamente. "Di chi si tratta?" chiese Bea.

"Era già stata qui qualche anno fa. Penso che potrebbe essere pazza" sussurrò. Bea gli lanciò un'occhiata scettica.

Reiter tolse i piatti dal tavolo dei mercanti e portò una nuova brocca d'acqua per l'uomo solitario seduto all'altro tavolo. Quella è pazza, pensò Reiter, riempiendo il bicchiere dell'uomo fino all'orlo. Nessuno sano di mente prenderebbe il nome di qualcun altro e cercherebbe di vivere la sua vita. È una cosa irragionevole. Con indifferenza si chiese quanto tempo ci sarebbe voluto per vendere tutti i libri della biblioteca, dopo la morte del padre. Sarebbe stato meglio non fornire a quella crociata altri motivi per tornare.

Una voce seria interruppe i suoi pensieri. "Locandiere." Era l'uomo il cui bicchiere aveva appena riempito, il religioso. "Chi è quella donna? Quella con l'armatura."

"Onestamente, non ne sono sicuro" rispose Reiter, ed era la verità. "È un tipo strano."

L'uomo chiuse il proprio libro con un tonfo. Sulla copertina c'era uno dei familiari simboli di Zakarum... un simbolo molto simile a quello che portava la crociata. A pensarci bene, quell'uomo era arrivato con indosso un'armatura non molto diversa da quella di Anajinn. "È già stata qui prima d'ora?" chiese l'uomo.

Nella sua voce c'era una sfumatura che a Reiter non piaceva. "Una volta. Anni fa. Ero solo un bambino" disse, sperando di risultare indifferente. "Mi era sembrata strana già allora. Irragionevole, ma innocua." Poi si chiese se non avesse giudicato male l'intento di quell'uomo. "È... una vostra amica?"

"No." Un cubetto di ghiaccio sarebbe stato caldo rispetto al suo tono. "Irragionevole, eh? Interessante. E tu, locandiere? Ti consideri un uomo ragionevole?"

"Così pare" disse Reiter.

"Davvero? Un uomo ragionevole offrirebbe riparo a un'eretica?"

Reiter fece un passo indietro. "Cosa?"

"Ho visto i simboli sulla sua armatura. Sulle sue insegne. Non sono semplici ninnoli decorativi." L'uomo si alzò in piedi, guardando per la prima volta Reiter dall'alto della sua imponente statura. "Sono un paladino della Mano di Zakarum. Io sradico la corruzione e l'eresia, ovunque si trovino." Spinse un dito contro il petto di Reiter. Il locandiere quasi cadde. "Non sento la Luce dentro di lei. Sento qualcos'altro. Qualcosa cui non può essere permesso di stare nella tua locanda, se tu dici di servire la Luce. È così, locandiere?"

"Sì, sì, certo" squittì Reiter.

"Allora perché tolleri la sua presenza?" lo incalzò il paladino.

Reiter tremava sotto l'imponenza dell'uomo. Non aveva mai visto un paladino così arrabbiato prima d'allora. "Io offro riparo a tutti coloro che affermano di avere il favore della Luce. Come potevo sapere cosa fosse?" Gli venne in mente un'idea. "Lei dice di essere una crociata, ho pensato che fosse fedele al vostro ordine. Perdonatemi" disse, lasciandosi cadere in ginocchio e prostrandosi. "Temo che la mia ignoranza mi abbia portato a peccare. Potete perdonarmi, buon signore?" Trattenne il respiro.

Ci fu una lunga, lunga pausa. "Una crociata?" Reiter rubò una rapida occhiata verso l'alto. Il paladino non lo stava nemmeno guardando. "Perché questo nome...?"

"Una parola e la caccerò dalla mia locanda immediatamente, buon signore" sussurrò Reiter.

Il paladino sembrò perso nei suoi pensieri. "Sì. Dille che voglio incontrarla qui fuori. Studierò le sue intenzioni. E se necessario, mi occuperò di lei." Quindi salì le scale, prendendo con sé il proprio libro.

Reiter si sentì a disagio e si asciugò il sudore dalla fronte. Questo è un bene, si disse. Anajinn avrebbe potuto risolvere i propri problemi con il paladino... fuori. Il più lontano possibile dalla locanda. Reiter sentiva i passi pesanti del paladino al piano di sopra. Il clangore significava che stava indossando l'armatura. Reiter rabbrividì.

Ma non voleva che Anajinn sapesse quanta paura aveva. Era già stato umiliato per colpa di un po' d'acqua e sangue. No, le avrebbe semplicemente detto di andarsene. Il resto era irrilevante. Quella era la locanda di Reiter, o comunque lo sarebbe stata presto, dopo la morte del padre, ed egli voleva che lei se ne andasse. Una cosa ragionevole.

Anajinn stava leggendo un tomo piuttosto grosso quando Reiter entrò in biblioteca. "Anajinn, o comunque ti chiami, devi andartene ora." Lei lo guardò e voltò una pagina, seguendo il testo con le dita guantate mentre leggeva.

"Ho sentito alcune parole furiose di là" rispose.

"C'è un uomo... un paladino. Dice che sei un'eretica" disse Reiter.

Lei rise. "Supponevo l'avrebbe fatto." I suoi occhi non si alzarono dal libro. Reiter balbettò qualcosa d'incomprensibile per un momento. "Ha minacciato di uccidermi?" chiese lei.

"Be', non... Sì." Reiter cercò di impedire alla propria voce di tremare. "Penso che voglia ucciderti. Ti sta aspettando fuori."

"È stato gentile a mandare te ad avvisarmi."

Continuava a leggere. Reiter si mosse a disagio. "Non avrai intenzione di... affrontarlo?"

"Alla fine. Se sarà ancora lì" rispose lei. "Potrebbe dover aspettare un po'. Mi mancano ancora molte cose da leggere. Forse troverà qualcosa di meglio da fare."

Reiter si sentì del tutto impotente. Trascinarla fuori sembrava una cattiva idea. Continuò a insistere. "Anajinn, voglio che lasci la mia locanda. Adesso." La crociata non rispose immediatamente, e Reiter esplose. "Si può sapere qual è il tuo problema? Cosa c'è in quel libro di più importante di un uomo che vuole ucciderti? Perché diavolo sei tornata nella mia locanda?"

Anajinn sospirò e posò il libro, raddrizzando la schiena. L'armatura scrocchiò. "Tuo padre aveva chiesto alla mia maestra..."

"La vera Anajinn? La prima?" la interruppe Reiter senza pensare.

La crociata non sembrò offendersi. "Lei, sì. Ma non era la prima. Anajinn iniziò la sua missione un paio di secoli fa" disse. Reiter sbatté le palpebre, ma la lasciò continuare. "Tuo padre le aveva chiesto tutto riguardo la nostra missione. Non te ne ha parlato?" Reiter scosse la testa, serrando le labbra strette. "Allora sarò breve. Sto cercando qualcosa per salvare la mia fede."

"Da... cosa?"

Il sorriso di Anajinn era triste. "Dal decadimento. Dalla corruzione."

"Allora perché questo paladino ti odia così tanto?"

"Saresti felice se qualcuno ti dicesse che la tua fede è corrotta nel profondo? Condannata a marcire e a causare indicibili sofferenze e dolori?" Sospirò. "Non credo che quel paladino là fuori sia di alto rango. Nessuno di loro conosce la nostra missione, tranne i veri capi dell'ordine. Se fosse stato uno di loro, non avrebbe aspettato pazientemente."

"Che cosa avrebbe fatto?"

"Avrebbe abbattuto la tua locanda pur di uccidermi." L'espressione di Anajinn s'indurì. "Non so se sono in grado di riportarlo alla ragione. Se non ci riesco, dovrò probabilmente lasciare il paese. Quindi finché non sarò pronta ad andarmene, ho intenzione di finire le mie letture."

"Ma ha minacciato di uccidere anche me!" Ecco, l'aveva tirato fuori.

Una pausa. "Davvero?"

"Be', non con queste esatte parole..."

Anajinn lo interruppe. "Ma ti sei sentito minacciato." Non era una domanda. Anajinn chiuse il libro. "Allora me ne andrò subito. Non voglio che tu ti senta in pericolo a causa mia."

"Ma questo" disse, tenendo il libro sollevato. "Saresti disposto a venderlo? Posso pagarti il giusto prezzo."

Reiter la fissò.

***

Amphi sentiva la propria pazienza scivolare via a ogni istante che passava, come granelli di sabbia che cadevano attraverso il collo di una clessidra. Il vento sferzava la strada di fronte alla locanda, sollevando la sabbia contro la sua armatura.

"Crociata..." sussurrò il paladino. Non riusciva a ricordare dove aveva già sentito quel nome. Forse l'aveva letto? Studiato quando era un accolito a Kurast? No, ne era certo. Allora perché quel nome lo infastidiva così tanto? I crociati non erano amici dell'ordine di Amphi, poco ma sicuro. Eppure anche quest'informazione gli sembrava incompleta. I simboli sull'armatura di lei erano stati riprodotti con cura e riverenza. Nessuna bestemmia evidente. La crociata non era un giullare, né uno dei guitti che si dipingevano i simboli di Zakarum sul corpo e saltellavano in giro nelle taverne di infimo livello.

Cennis. Ecco un nome cui Amphi non pensava da anni. Uno dei suoi migliori amici nei templi di Travincal, quel ragazzo aveva un'insaziabile sete di conoscenza. Forse era stato allora. Una notte, Cennis si era intrufolato nello studio di un Anziano della Mano di Zakarum e aveva rubato un libro. Aveva raccontato eccitato ad Amphi tutte le cose che aveva imparato, cose che a loro studenti non erano mai state insegnate. Era rimasto anche un po' spaventato. Aveva trovato delle conoscenze nascoste, dei crimini segreti, delle fratture all'interno della fede. Stranamente, Cennis era scomparso poco dopo, e Amphi...

Cos'era successo a Cennis? Amphi si arrabbiò. Era una sensazione familiare. Ogni volta che pensava alla propria infanzia, la mente gli si riempiva d'odio e di rabbia. Era come se i ricordi fossero sepolti in un pozzo nero e tossico, ricoperto di viltà. Ben presto, la sua curiosità sbiadì in un turbine di furia e...

La crociata. Amphi sentiva la propria pazienza scivolare via a ogni istante che passava, come granelli di sabbia. Si premette le mani sulle tempie e sbatté le palpebre. A che cosa stava pensando? Un amico d'infanzia? Sì. Lo fece uscire dalla propria mente: c'erano cose più importanti su cui concentrarsi.

"Volevi parlare con me?" La voce riportò Amphi al presente. Eccola.

Amphi vide alcune persone rientrare in casa su e giù per la strada. I viaggiatori e anche alcuni abitanti si misero a cercare un rifugio. Saggio da parte loro, pensò Amphi. Bruscamente si rese conto che la donna lo stava guardando in modo strano, con la testa piegata da un lato. "Ti senti bene, paladino?" gli chiese.

"Dimmi il tuo nome" le disse duramente. "Dimmi chi sei, se il male che ti anima..."

"Il mio nome è Anajinn. Sono una crociata." Rispose lei, alzando un sopracciglio. "E spero che potremo avere una conversazione tranquilla."

"Io non negozio con il male. Io lo anniento ovunque si trovi" sbottò Amphi.

"Bene" disse Anajinn allegramente. "Allora abbiamo qualcosa in comune. Ma credo che non ci sia bisogno di annientare nulla, oggi. Cosa ti turba?"

Amphi estrasse la spada con un movimento rapido. Lo sguardo della crociata non vacillò, cosa che lo fece arrabbiare di più. "Sei un'eretica, non è vero?"

"No, non lo sono" rispose.

"Sostieni la mia fede?" ruggì. "Dichiari la tua obbedienza a Zakarum?"

"Non nel modo in cui lo intendi tu" disse Anajinn. Fermandosi, lo guardò con commiserazione. "Abbiamo molto in comune, paladino. Molto in comune. Vogliamo entrambi le stesse cose."

Amphi sputò per terra. Perché le parole di quella donna gli mordevano le viscere? Riusciva a malapena a trattenersi dall'attaccarla all'istante, un desiderio che si faceva sempre più forte. Ma resistette, e rispose con voce tesa: "Quei simboli che porti. Sono sacri. Non hai il diritto di indossarli".

La crociata scosse la testa. "Non è questo che ti turba, vero? Dimmi quello che sai di me."

"Tu profani la mia fede."

"Come?"

"Io... non... lo so..." ruggì.

"Ecco quello che so io" disse Anajinn. "So che il male può prosperare ovunque. Davvero ovunque. Anche tra coloro che sostengono la virtù e la giustizia. Soprattutto se non stanno attenti."

"Taci" sussurrò Amphi. La rabbia stava scivolando via.

"So che il percorso che ti ha portato dove ti trovi ora è pieno di rimpianti" continuò. "So che apprezzi la giustizia e so che sei arrivato ​a sospettare che ci sia qualcosa che non va all'interno della fede. So che hai lottato per capirlo e, soprattutto, so che sei forte, perché non hai ancora ceduto davvero al male."

"Per favore, smettila di parlare" la pregò Amphi. Aveva ragione. Su tutto. In molti, interminabili momenti aveva messo in discussione le azioni del proprio ordine. I suoi pensieri erano in tumulto.

"So che hai provato la gloria della Luce, altrimenti avresti disobbedito ai tuoi giuramenti" proseguì. "E so che l'hai sentita nei campi, nelle strade, tra la gente... ma mai a Travincal. Mai nei templi del tuo ordine. E io so che tu ne conosci il motivo. Nelle profondità del tuo cuore, anche tu lo sai. Nonostante le risposte ti siano state nascoste."

Il dolore divampò in mezzo agli occhi del paladino. In silenzio, abbassò la testa. Una tempesta gli infuriava dentro. Cercò la verità nel profondo della propria furia.

Quello che vide fu una pietra e l'oscurità che la circondava.

Qualcosa cedette. La sua agitazione svanì in un istante.

Odio. L'odio aveva preso il suo posto. Odio puro.

Amphi puntò la spada contro la crociata, sentendo chiaro il proprio scopo per la prima volta da quando l'aveva vista. Alzò le mani sopra la testa ed evocò il potere della Luce. "Sono stanco delle tue parole, eretica. Muori!" ruggì.

Anajinn semplicemente annuì. "Così sia." E sorrise tristemente quando Amphi si scagliò con forza contro di lei.

***

Reiter non riusciva a capire le parole del paladino, ma non aveva alcun dubbio sull'atrocità della sua espressione. Il figlio del locandiere continuò a sbirciare attraverso la finestra della locanda. Un attimo dopo, anche Bea lo raggiunse.

"Stai indietro" sibilò Reiter. "Non è sicuro."

"Prima tu" rispose lei. Reiter la guardò in cagnesco, ma un lampo di luce richiamò il suo sguardo alla strada.

Bea inspirò profondamente. Reiter trasalì. Il paladino aveva evocato... qualcosa... che brillava come il sole di mezzogiorno. L'uomo lo tenne sopra la testa, gridò qualcosa ad Anajinn e poi lo scagliò su di lei.

Poco prima che arrivasse a destinazione, Reiter vide Anajinn sorridere.

Ci fu un rumore tremendo e una grande nuvola di fuoco divampò dove Anajinn era stata fino a un istante prima. Della crociata nessuna traccia.

Per un brevissimo istante.

Una luce cadde dall'alto, un dardo di pura potenza e splendore, e con esso Anajinn. Il paladino non lo vide arrivare, e dopo non vide più nulla.

Reiter gridò di paura e barcollò all'indietro, sollevando le braccia per proteggersi gli occhi dalla luce accecante. Quando le abbassò, la forma viola e affilata del dardo ancora occupava la sua visione. Lampeggiava ferocemente, obbligandolo a socchiudere gli occhi. Anajinn era lì, sola, calma, con il mazzafrusto che lentamente dondolava al suo fianco.

Del paladino c'erano diversi segni, la maggior parte dei quali sparsa a grande distanza. La sabbia che circondava Anajinn sembrava umida.

Reiter cominciò a tremare. Bea stava con le mani giunte sulla bocca. Il figlio del locandiere fissò stordito Anajinn mentre posizionava con cura l'impugnatura del mazzafrusto nell'anello di fissaggio dell'armatura. Dopo un ultimo sguardo verso la locanda, la crociata si diresse a ovest, lungo la strada, allontanandosi da Porta di Caldeum, con il sole del tramonto a farle da guida.

Era accompagnata da un silenzio totale: il paese la guardava allontanarsi con il fiato sospeso.

Reiter sentì dei rumori dal piano di sopra, dalla stanza di suo padre. Corse al secondo piano e aprì la porta. "Padre, stai bene?"

Suo padre non si sentiva così vivo da mesi. Stava guardando fuori dalla finestra, gli occhi che seguivano Anajinn mentre spariva nel deserto. "È lei, vero? Quanti anni son passati! Avrei voluto che salisse a farmi visita. L'avevo detto che sapeva cosa faceva. Si è occupata di quel bastardo, eh?"

"Così pare" disse Reiter.

La fine del viaggio

Crociato

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